Lun. Nov 25th, 2024

Prima la nocciola, ora il tartufo… Sembra che i prodotti d’eccellenza delle Langhe e del Roero non riescano a trovare pace. Due discorsi diversi ma pur sempre accomunati dalla loro unicità apprezzata in tutto il mondo. E proprio questo sembra “dare fastidio”? E’ meglio fare diminuire la reputazione di un brand, costruita con tanto lavoro e passione negli anni? E poi a vantaggio di che cosa?
A tale proposito, per il Tartufo Bianco d’Alba, il Presidente della Regione Sergio Chiamparino ed il Sindaco di Alba Maurizio Marello, hanno firmato e inoltrato congiuntamente al Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina, e per conoscenza al Vice Ministro delle Politiche Agricole Andrea Olivero, le proprie osservazioni in merito alla proposta di sostituire con “tartufo pregiato bianco” e “tartufo pregiato nero” i nomi che si sono storicamente affermati, mettendo a rischio anche il brand famoso in tutto il mondo “Tartufo Bianco d’Alba”.

Si riporta integralmente la lettera inviata:

L’attuale legge sul tartufo, nell’elenco delle specie, cita il “Tuber Magnatum Pico, detto volgarmente tartufo bianco (o anche tartufo bianco del Piemonte o di Alba e tartufo bianco di Acqualagna) e il Tuber melanosporum Vitt., detto volgarmente tartufo nero pregiato (o anche tartufo nero di Norcia o di Spoleto)”.
Al tavolo costituito presso il Ministero delle politiche agricole e alimentari per il Piano Nazionale della Filiera del Tartufo, dove sono presenti le Regioni e tutte le rappresentanze professionali e tecniche, in nome della “semplificazione e riordino” è stata avanzata la proposta di cancellare i riferimenti ai nomi che sono storicamente affermati a favore di quelli “tartufo pregiato bianco / tartufo pregiato nero”.
Non ha senso rinunciare ai brand più noti che dopo quasi un secolo di promozione sono identificativi di qualità e di italianità nel mondo. Una recente ricerca condotta dal Centro Nazionale Studi Tartufo dimostra come la gran parte dei ristoranti di alta gamma, in tutte le principali città del mondo, indichino in carta almeno un piatto con il Tartufo Bianco d’Alba. Evidentemente i fornitori del prodotto sono collocati in diverse regioni  italiane, ma con quel brand il ristorante vuole indicare tutto il prodotto italiano di alta qualità.
D’altra parte per i tartufi non coltivati, che provengono da raccolta spontanea, i caratteri morfologici ed i marcatori molecolari impiegati finora non hanno consentito una sicura identificazione della provenienza geografica. Su una effettiva tracciabilità fiscale si stanno muovendo i primi contrastati e complessi passi. La dichiarazione d’origine nel campo dei prodotti spontanei, nell’intreccio tra regolamenti europei e legislazione nazionale, è questione molto complessa e controversa sulla quale proprio il tavolo di settore sta cercando di lavorare tra esoneri, obblighi e indicazioni volontarie documentabili.
Mentre si cerca di rendere efficace la tracciabilità fiscale e alimentare, mentre deve proseguire in modo più coordinato e intenso la ricerca scientifica, appare fondamentale per garantire il consumatore lavorare sulla garanzia della qualità attraverso l’analisi sensoriale e i controlli nelle fiere e nei mercati, la formazione dei nuovi cercatori, la diffusione della conoscenza e della cultura del tartufo tra commercianti, ristoratori, consumatori.
Il settore del tartufo è strategico per l’economia di molte aree rurali marginali italiane ed è un prodotto immagine della gastronomia italiana nel mondo. La proposta di un piano di settore intende meritoriamente affrontare i temi della tutela delle aree tartufigene naturali, della tartuficoltura, il coordinamento nazionale delle regole di raccolta e dei controlli, le linee di ricerca scientifica, il sistema fiscale e il coordinamento con le normative europee. Tutti compiti difficili e impegnativi, per i quali i territori che più si sono distinti per la valorizzazione e promozione del tartufo sono disponibili a lavorare. Non si vuole però che si rischi di realizzare per prima la cosa più facile, cancellare i nomi storici con un danno sicuro per il tartufo italiano – e non solo per alcuni territori – senza che si comprendano eventuali vantaggi.

 

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